ΘΟΥΚΥΔΙΔΗΣ
Ιστοριας VII 1
[1]'Ο δε Γυλιππος και ο Πυθην ηκ τοῦ Τάραντος, ηπει ηπεσκευασαν τὰς ναῦς, παρέπλευσαν ης Λοκροὺς τοὺς Ἐπιζεφυρίους· και πυνθανόμενοι σαφέστερον ἤδη ὅτι οὐ παντελῶς πω ἀποτετειχισμέναι αἱ Συράκουσαί εἰσιν, ἀλλ' ἔτι οἷόν τε κατὰ τὰς Ἐπιπολὰς στρατιᾶι ἀφικομένους ησελθεῖν, ηβουλευοντο εἴτ' ην δεξιᾶι λαβόντες την Σικελίαν διακινδυνευσωσιν ησπλεῦσαι, εἴτ' ην ἀριστερᾶι ης Ἱμέραν πρῶτον πλευσαντες και αὐτους τε ηκείνους και στρατιὰν ἄλλην προσλαβόντες, οὓς ἂν πείθωσι, κατὰ γῆν ἔλθωσιν.
[2] και ἔδοξεν αὐτοῖς ηπι τῆς Ἱμέρας πλεῖν, ἄλλως τε και τῶν Ἀττικῶν τεσσάρων νεῶν οὔπω παρουσῶν ην τῶι Ῥηγίωι, ἃς ο Νικίας ὅμως πυνθανόμενος αὐτοὺς ην Λακροῖς εἶναι ἀπέστειλεν. φθάσαντες δε την φυλακην ταυτην περαιοῦνται διὰ τοῦ πορθμοῦ, και σχόντες Ῥηγίωι και Μεσσήνηι ἀφικνοῦνται ης Ἱμέραν.
[7.1.3] ηκεῖ δε ὄντες τους τε Ἱμεραίους ἔπεισαν ξυμπολεμεῖν και αὐτους τε ἕπεσθαι και τοῖς ηκ τῶν νεῶν τῶν σφετέρων ναυταις ὅσοι μη εἶχον ὅπλα παρασχεῖν (τὰς γὰρ ναῦς ἀνείλκυσαν ην Ἱμέραι), και τοὺς Σελινουντίους πέμψαντες ηκέλευον ἀπαντᾶν πανστρατιᾶι ἔς τι χωρίον.
[4] πέμψειν δέ τινα αὐτοῖς ὑπέσχοντο στρατιὰν οὐ πολλην και οἱ Γελῶιοι και τῶν Σικελῶν τινές, οἳ πολὺ προθυμότερον προσχωρεῖν ἑτοῖμοι ἦσαν τοῦ τε Ἀρχωνίδου νεωστι τεθνηκότος, ὃς τῶν ταυτηι Σικελῶν βασιλευων τινῶν και ὢν οὐκ ἀδυνατος τοῖς Ἀθηναίοις φίλος ἦν, και τοῦ Γυλίππου ηκ Λακεδαίμονος προθυμως δοκοῦντος ἥκειν.
[5] και ο μεν Γυλιππος ἀναλαβὼν τῶν τε σφετέρων ναυτῶν και ηπιβατῶν τοὺς ὡπλισμένους ἑπτακοσίους μάλιστα, Ἱμεραίους δε οπλίτας και ψιλοὺς ξυναμφοτέρους χιλίους και ἱππέας ἑκατὸν και Σελινουντίων τέ τινας ψιλοὺς και ἱππέας και Γελώιων ὀλίγους, Σικελῶν τε ης χιλίους τοὺς πάντας, ηχώρει πρὸς τὰς Συρακουσας·
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Tucidide
Storie VII 1
[1] Gilippo e Pitene dopo che ebbero racconciate
le navi, partirono da Taranto alla volta di Locri Epizefirii; ove scoprirono
che Siracusa non era del tutto circondata, ma giungendovi con l'esercito vi si
potrebbe entrare dalla parte di Epipole. Quindi si consultarono se dovessero
tentar di giungervi per mare tenendo la Sicilia a destra, oppure se tenendosi
sulla sinistra andarvi per terra, dopo aver vavigato fino ad Imera ed
essersi uniti agli abitanti della città, e a tutte le altre milizie
di quei popoli che avrebbero persuaso.
[2] Decisero quindi di navigare verso Imera, tanto più che non erano ancora
arrivate a Reggio le quattro navi attiche, che Nicia vi aveva inviato
appena saputo dell'arrivo dei Lacedemoni
presso i Locrii, sebbene prima ne avesse
dispregiato il piccolo numero. Prevenendo queste
navi che là dovevano fermarsi in guardia, Gilippo e Pitene
attraversano lo stretto,facendo scalo a Reggio e
Messena e giungono ad Imera.
[3] Fermandosi li a persuadere
gl'lmeresi ad unirsi a loro in questa guerra, a seguirli
ed a rifornire di armi a quanti delle loro ciurme
non le avevano (le navi infatti erano state tratte
a terra ad Imera); e mandarono un messaggero ai Selinuntini chiedendogli di
venire ad incontrarli con tutte le forze disponibili in un determinato luogo.
[4] I Gelesi ed alcuni dei Siculi promisero di mandar loro un contingente
di soldati, questi adesso con più ardore di prima si mostravano pronti ad
unirvisi, perché di recente era morto Arconide,
principe non debole che regnava sui Siculi di
quelle contrade, ed era amico degli Ateniesi; e adesso pareva
che Gilippo era giunto da Sparta molto ardimentoso.
[5] Gilippo presi circa settecento tra le proprie ciurme
e fra i militi che avevano armatura pesante, e mille imeresi tra opliti e fanti
leggeri, e cento cavalleggeri, ed alcuni di Selinunte armati alla
leggera, e pochi cavalieri dei Gelesi, e mille Siculi in tutto,
si mise in marcia verso Siracusa.
Storie VII 2
[1] I Corinzi partiti da Leucade col resto delle
navi venivano in soccorso al più presto che potevano. E
Gongilo, uno degli strateghi corinzi, che con un'unica nave
era partito per ultimo, arriva a Siracusa poco
prima di Gilippo.
[2] Trovati i Siracusani che stavano per riunirsi in assemblea
per discutere la fine di quella guerra, li trattenne e li rincuorò,
dicendo che altre navi stavano giungendo,
e con comandante Gilippo di Cleandrida mandato dai
Lacedemoni.
[3] I Siracusani presero coraggio, e subito
uscirono con tutto l'esercito per incontrare Gilippo che
avevano saputo essere vicino.Gilippo durante la marcia aveva preso
un forte dei Siculi chiamato Iete, e giuse ad Epipole
disposto per la battaglia:
[4] e salito sull' Eurialo, dove prima erano saliti gli Ateniesi, marciava
con i Siracusani contro le fortificazioni Ateniesi. E per caso
vi giunse quando appunto gli Ateniesi avevano edificato per sette o
otto stadi il doppio muro verso il porto grande, e solo ne restava
da costruire una piccola porzione verso il mare.
Il resto del muro, che dal muro circolare
del Trogilo arrivava all'altro mare, vi erano già per la maggior parte
ammassati vicino i sassi, e in alcuni punti il lavoro era
mezzo fatto, ed in altri era rimasto interamente compiuto.
A tale pericolo era giunta Siracusa.
Storie VII 3
[1] Per l'improvvisa venuta di Gilippo e dei Siracusani
gli Ateniesi dapprima si dispersero; ma poi si schierarono
per la battaglia. E Gilippo piantato il campo poco distante,
manda un araldo a dir loro che se entro cinque giorni
volessero pigliar quel che avevano ed uscir di Sicilia, era
pronto a trattare.
[2] Gli Ateniesi nemmeno presero in considerazione
tale proposta e rimandarono l' araldo senza
risposta. Dopo ciò si schieravano l'un contro
l'altro per la battaglia.
[3] Gilippo vedendo lo scompiglio
fra i Siracusani, e le difficoltà per disporli in ordine di battaglia,
spostò lo schieramento in luogo più aperto. Nicia mantenne la posizione
vicino le sue fortificazioni, e non fece muovere
gli Ateniesi. Gilippo vedendo che gli Ateniesi non venivano incontro,
ritirò l'esercito sull'altura chiamata
Temenite ove si accampò per la notte.
[4] Il giorno dopo condusse
con se e schierò la maggior parte dell'esercito davanti
alle mura degli Ateniesi, affinché non potessero accorrere
altrove; e mandò un'altra parte contro il forte di Labdalo che
rimaneva fuor della vista del nemico, e lo espugnò uccidendo
tutti quelli che si trovavano la dentro.
[5] Nel medesimo giorno i
Siracusani catturarono una trireme ateniese che controllava l'entrata
del porto grande.
Storie VII 4
[1] Dopo questi fatti i Siracusani e gli alleati, incominciando
dalla città, tiravano su per l'Epipole a riscontro
del primo obliquo un altro muro scempio, acciocché
gli Ateniesi, se non potessero impedirlo, restassero omai
nell' impossibilità di serrare att'atto Siracusa. Avevano già
gti Ateniesi riguadagnate le alture e compiuto il muro
verso il mare, la debolezza del quale in alcuni punti mosse
Gilippo a prender l'esercito, e ad andare di notte ad assaltarlo.
Ma gli Ateniesi, che per avventura pernottavano al
sereno, sentita la cosa gli andarono incontro, e lo Spartano
a quella vista ritirò prestamente i suoi. Allora gli Ateniesi
aumentata l' altezza del muro, in quella parte lo
guardavano da per sé, e sul rimanente della fortificazione
assegnarono agli altri alleati il luogo ove ciascuno dovea
stare di guardia. E Mcia stabili di munire il cosi detto
Plemmirio, che é un rilevato di faccia alla città, e che
stendendosi dinanzi al porto grande ne ristrigne l'imboccatura;
munito il quale stimava che più agevolmente si
potrebbero trasportare i viveri alle sue navi, perché là
più da vicino minaccerebbero il porto piccolo, di cui erano
padroni i Siracusani; e ad una qualche mossa della
flotta nemica non avrebbe dovuto condurvele, siccome allora,
dal fondo stesso del porto. Senza di che avea già
maggiormente l'animo alla guerra per mare, vedendo che
dopo l'arrivo di Gilippo poca o nissuna speranza rimaneva
per essi nelle cose di terra. Pertanto fatto passare colà
l'esercito e le navi, vi fabbricò tre bastite ove si riponevano
la maggior parte delle bagaglie ; e le barche grandi e
le navi sparvierate d'ora in avanti aveano ivi stazione. E
da ciò ebbero principio i gravi malanni delle ciurme, poiché
avevano scarsità d'acqua e questa non vicina, e di più
quando uscivano a far legna restavano uccisi dalla cavalleria
de' Siracusani padroni della campagna, i quali avevano
collocato nel castello d'Olimpico la terza parte dei
loro cavalli, perché quei nemici che erano in Plemmirio
non venissero fuori a fare del guasto. Inoltre Mcia sentiva
dire che si avanzavan le altre navi de' Corintii, e però
spedi in osservazione venti delle sue, con ordine di stare
alle vedette nelle vicinanze dei Locrìi e di Reggio, e nei
luoghi di facile sbarco in Sicilia.
[5] Gilippo intanto edificava il muro a traverso l'Epi-
pole, usando dei sassi che gli Ateniesi avevano ammassati
per sé, e al tempo stesso conduceva fuori di quando in
quando i Siracusani e gli alleati, e gli attelava dinanzi alle
fortificazioni nemiche: e gli Ateniesi anch'essi si schieravano
loro di fronte. Or Gilippo, quando gli parve opportuno,
incominciò l'assalto; e venuti alle mani combattevano
nell'intervallo de'muri, ove non era di alcun uso la cavalleria
de' Siracusani e degli alleati, che però rimasero vinti
e ripresero con salvocondotto i cadaveri ; e gli Ateniesi ersero
trofeo. E Gilippo convocato l'esercito disse che IH
colpa non era stata di loro ma sua, perché colt'ordinare
la battaglia troppo dentro ai muri, avea operato che restassero
privati del vantaggio della cavalleria e de' lanciatoli ;
volerli ora ricondurre contro al nemico; pensassero, ti
confortava, che in apparecchi non sarebbero inferiori ; ma
che incomportabil cosa sarebbe se essi Peloponnesi e Doriesi non presumessero ne'loro animi di dover vincere un
ragunaticcio di Ioni i e d'isolani, e cacciarli di quel paese.
[6]Dopo di che, venuta l'opportunità, li condusse nuovamente alla battaglia. Nicia poi e gli Ateniesi uscirono incontro ai Siracusani, perché giudicavano che quand'anche il nemico non volesse essere il primo ad attaccare il combattimento, era per loro necessario il non permettere la continovazione del muro opposto. Conciossiaché il muro dei Siracusani era vicino ad oltrepassare l'estremità di quello degli Ateniesi, e se fosse andato innanzi procurava fin d'allora ai primi questo doppio vantaggio,
di vincer sempre combattendo, e d'esser padroni di non combattere. Gilippo adunque condotti i soldati gravi fuori de'muri molto più «Iella prima volta, si azzuffò con gli Ateniesi, sul fianco dei qunli avea schierato i cavalli e i lanciatorì in luogo aperto, ove andava a finire la fabbrica de'due muri. Nel calor della pugna i cavalli dettero dentro al corno sinistro ateniese che aveano di contro e lo volsero in fuga ; per lo che anche il
resto dell'esercito vinto dai Siracusani dovette ripararsi
precipitosamente nelle fortificazioni. E nella seguente notte
i Siracusani furono in tempo a continovare il loro muro,
ed a condurlo oltre quello edificato dagli Ateniesi, dai
quali non potevano esser più impediti ; laddove essi avevano
loro tolto affatto il modo di cingerli con muraglia,
anche nel caso che riportassero vittoria.
[7]Appresso le altre navi de'Corintii, degli Ambracioii
ede'Leucadii in numero di dodici, capitanate da Erasinide
corintio, approdarono a Siracusa senza essere state scoperte
da quelli Ateniesi che erano in osservazione, ed aiutavano
i Siracusani a condurre il resto della fabbrica sino al muro
trasversale. E Gilippo andava agli altri luoghi di Sicilia
raccogliendo genti da mare e da terra , e recando a so
quelle città che non si mostravano disposte, e quelle ancora
che del tutto si erano tratte indietro da questa guerra.
Furono parimente spediti nuovi ambasciatori siracusani
e corintii a Sparta e Corinto, acciò tragittasse in Sicilia un
altro esercito in quel modo che più convenisse, o sulle navi
da carico, o sulle barche, o altrimenti, poiché anche gli
Ateniesi aveano da capo mandato per soccorso. E i Siracusani
armavano la flotta e si andavano esercitando, risoluti
di assaggiare il nemico anco con questa ; e con gran calore
si applicavano alle altre cose.
[8] Nicia sentendo ciò, e vedendo giornalmente crescere
la forza del nemico ed il proprio intrigamento, benché spesso
anche per l'innanzi spedisse ad Atene per dar ragguaglio
d'ogni fatto in particolare, tanto più il fece allora, rs-
sendoché credevasi ridotto in grave fortuna. e se nol richiamassero
senza aspetto colle sue genti, o non ne mandassero
dell'altre in buon numero, non ci vedeva scampo veruno.
E perché temeva che i mandatari, o per insufficienza nel
parlare, o per mancanza di spirito, od anche per dir qualcosa a grado della moltitudine, non riferissero il vero,
scrisse una lettera , stimando che cosi gli Ateniesi, informati
con esattezza della mente sua non travisata dal retatore ,
delibererebbero intorno al vero. Pertanto gli spediti
ila lui partirono colla lettera e colle commissioni che doveano esporre a bocca ; ed egli, tenendo ormai il campo .«
otto guardia, vegliava contro i non cerchi pericoli.
[9]Alt'uscita di questa medesima estate Euzione generale
ateniese unito a Perdicca andò ad oste con molti
Traci sopra la città d'AmOpoli, e non poté espugnarla.
Per lo che, partito da Imereo e fatte girare le trinimi nello
Strimone, 1' assediava di sul fiume : e cosi compievasi
questa estate.
[10] All'entrata del verno arrivarono in Atene gli spediti
da INicia , dissero quanto a voce era stato loro ordinato ,
risposero a quello di che ciascuno gl'interroga va ,
e consegnarono la lettera che il cancelliere della città,
fattosi avanti, lesse agli Ateniesi ; e diceva così :
[11] « Ateniesi, voi avete contezza per molte altre
mie lettere delle cose passate : ora poi é tempo che non
men bene conosciate a che termine siamo, per poter deliberare.
Dopo aver noi vinti in più battaglie i Siracusani
contro i quali ci mandaste, e dopo aver fabbricato le mura
dentro cui ci troviamo, é venuto Gilippo lacedemone
con esercito accolto dal Peloponneso e da alcune città di
Sicilia. Nella prima battaglia ei restò superato da noi ; ma
nella seconda, stretti da molti cavalli e lanciatori, dovemmo
ripararci dentro le mura. Laonde al presente sospeso il
lavoro della circonvallazione , stante la moltitudine de'ne-
mici , siamo inoperosi ; essendoché non possiamo pur valerci
di tutto l'esercito, mentre non piccola parte delle
genti gravi si spendono alla guardia delle nostre fortificazioni,
lungo le quali hanno i nemici alzato un semplice
muro, che ci toglie il modo di poterli circonvallare , a
meno che con molto esercito non si assalga, e si espugni
questo muro oppostoci. Ed é avvenuto che dove credevamo
di assediare gli altri, noi piuttosto ci troviamo a patir
ciò, almeno per la parte di terra ; imperocché a causa
della loro cavalleria non possiamo neppure allargarci molto
per la campagna.
[12] « Hanno inoltre spedito ambasciatori nel Pelo-
ponneso per nuovo esercito , e Gilippo scorre per le città
di Sicilia , per muovere ad unirsi seco in questa guerra
quelle che ora stanno quiete , e per cavare di bel nuovo
dalle altre , se gli riuscirà , genti da pié e fornimento per
la flotta. Poiché , a quel ch' io sento , intendono di tentare
le nostre fortificazioni con la fanteria ad un tempo e colle
navi dal mare. Né paia strano ad alcuni di voi, che vogliano
assalirci anche per mare ; conciossiaché la nostra
flotta ( lo che essi ben sanno ) da primo vigeva si per
l'asciuttezza delle navi che per la sanità delle ciurme ; ma
ora le navi che da tanto tempo stanno in mare sono marcite,
e le ciurme mal concie. Attesoché non possiamo tirare
a terra le navi per asciugarle, mentre quelle dei nemici
pari alle nostre di numero, ed anche più, ci fanno
sempre temere che ci vogliano assalire. Infatti si veggono
essi farne le prove, e di più sta in loro di assalirci, ed
hanno maggior potere di seccare le loro navi, perché non
staimo come noi in osservazione contro altri.
[13] « All'incontro noi appena saremmo in grado di
far ciò se sovrabbondassimo di navi, e non fossimo costretti ,
siccome adesso, a stare in guardia con tutte. Imperciocché
per poco che ci togliessimo da tal vigilanza, ci
mancherebbono i viveri che pur ora difficilmente s'introducono,
dovendo rasentare la loro città. Le nostre ciurme
sono state rifinite e lo sono tuttora , per questo perché
dovendo i marinari allontanarsi a far legna, preda ed
acqua, vengono uccisi dai cavalli nemici ; i servi poi, da
che le due armate sono a fronte, disertano. Quanto agli
altri che non sono nostri distrettuali, quelli che s'imbarcarono
per forza si spargono subito per le città di Sicilia;
quelli poi che ci seguirono, mossi in primo dalla grandezza
del soldo, e credendo piuttosto di far denari che combattere,
poiché fuor dell'espettativa han veduto la flotta
e le altre forze del nemico schierarmi contro, parte trovata
l'occasione di disertare se ne vanno, parte fanno il
simigliante in quel modo che possono , giacché la Sicilia é
grande. Ve ne sono anche di quelli che datisi quivi a mercanteggiare
comprano degli schiavi d'Iccara , ed han persuaso
i capitani delle triremi ad imbarcarli invece loro;
e cosi han guastato l' esatte/za della marinaresca disciplina.
[14] « E vi scrivo cosa che ben sapete , cioé, che il
vigor delle ciurme é di breve durata, e pochi sono tra i
marinari che mossa una volta la nave continovino il remeggio.
Ed il peggio é, che io con tutta la mia capitaneria
non valgo ad impedir tali disordini, perché i vostri
naturali son difficili ad esser comandati, e perché non abbiamo
onde riempire le navi (lo che posson fare i nemici
da molti luoghi); ma é giuocoforza che quel che ci resta
e quel che si va spendendo, tutto esca dall'apparecchio con
cui qua venimmo; avvegnaché le cittìi ora nostre alleate,
Nasso e Catana, non possono sovvenirci. E se i nemici potranno
ancora ottener quest'uno, che le terre d'Italia le
quali ci nutricano, vedendo lo stato nostro e non soccorrendoci
voi, si aggiungano a loro , avranno essi vinta la
guerra senza trar colpo , perché noi resteremo espugnati
come per assedio. Certo avrei potuto scrivervi cose più,
gradite, non già più utili, se pure é vero che dovete deliberare
colla piena cognizione delle cose di qua. Inoltre
siccome io conosco qual sia la natura di voi, che volete
sentire ragguagli piacevolissimi, ma che poi da ultimo ,
se dissimile ne segue l' effetto, ce t'apponete a delitto,
così Iio creduto più sicuro il mostrarvi la verità.
[15] « Ora voglio che andiate persuasi chc tanto soldati
che capitani, in quello per cui da primo venimmo
qua, ci siamo portati in modo da non meritare i vostri
rimproveri. Ma dappoiché la Sicilia tutta ha cospirato insieme,
e vi si attende un altro esercito dal Peloponneso,
tenete omai fermo nelle vostre deliberazioni che le forzi-
di qui non bastano nemmeno per le urgenze presenti, ma
che bisogna o richiamar questo esercito, o rimandarvcne
un altro non minore marittimo e terrestre, e non pochi
denari ; e dare lo scambio a me che più non posso rimanere,
perché malato di nefritide. Ed in ciò credo giusto
di ottenere il vostro compatimento, perché mentre sono
stato sano molti utili servigi vi ho prestati nella mia carica
di generale. Quello poi che volete fare , fatelo subito
a primavera, e non mandate la cosa d'oggi in domani:
considerando che le forze di Sicilia si allestiranno da'nemici
in poco tempo, quelle del Peloponneso più lentamente
si, ma tuttavia se non vi applicherete l'animo, parte si
trafugheranno come per l'innanzi, parte vi preverranno ».
[16] Di tanta importanza erano le cose dichiarate netla
lettera di Nicia ; udita la quale gli Ateniesi non lo disposero
del comando, ma finché non vi arrivassero altri chc
volevano eleggere per suoi colleghi, gli aggiunsero dnc «li
là, Menaiidro ed Eutidemo , acciocché mnlato com'cra non
fosse solo nelle fatiche. Decretarono ancora di spedire un
nuovo esercito marittimo e terrestre, composto di Ateniesi
tolti dal ruolo della città , e di confederati ; ed elessero
a comandanti con INie.ia , Dcmostene di Alcistene ed Eun-
medonte di Teucle; e subito circa il solstizio d'inverno spediscono
quest'ultimo in Sicilia con dieci navi e con venii
talenti di argento, e con la nuova all'armata di là che verrebbe
it soccorso, i: che in Atene si avrà pensiero di loro.
[17] Demostene poi rimase ad allestire la flotta che
dovea partire a primavera, e mandava gli ordini ai confederati ,
per aver pronti anche da quei luoghi denari e soldatesca
grave. Gli Ateniesi spediscono venti navi intorno al
Peloponneso, perché badassero che di là e da Corinto
nissuno tragittasse in Sicilia ; avvegnaché i Corintii, dopo
il ritorno de' legati che recavano migliori novelle delle cose
siciliane, persuasi non essere stata inopportuna quella prima
spedizione del loro naviglio, si erano viemaggiormente
inanimiti ; e però si allestivano a mandare soldati gravi in
Sicilia su navi da carico, e lo stesso facevano i Lacedemoni
cavando genti dal restante del Peloponneso. Di più i Corintii
armavano venticinque navi , disposti di provarsi a
battaglia navale colla guarnigione di Naupatto . affinché
gli Ateniesi da quel luogo avessero manco modo d' impedire
la partenza delle loro navi da carico ; dovendo stare
in guardia ad un tempo e sulle difese contro queste triremi
che loro si opporrebbero.
[18] Ed i Lacedemoni , siccome innanzi avevano risoluto ,
si preparavano ad invader l'Attica, confortati a ciò
da'Siracusani e da'Corintii fin da quando ebbero nuova del
soccorso ateniese per la Sicilia , perché appunto venisse
frastornato da quella invasione. Medesimamente Alcibiade
anch'egli insisteva e gli avvertiva che munissero Decelia,
e non rallentassero la guerra. Ma principalmente si rinvigorirono
i Lacedemoni riflettendo che gli Ateniesi inquietati
da doppia guerra contro loro e contro i Siciliani, più
facilmente potrebbero opprimersi, e stimando che fossero
essi stati i primi a rompere la tregua. Laddove nelta precedente
guerra la trasgressione era stata piuttosto di Sparta,
essendoché i Tebani erano andati contro Platea stante la
tregua : e sebbene nelle prime convenzioni fosse detto
che non si portassero le armi contro chi volesse starsene
at giudizio, essi non avean dato retta agli Ateniesi che a
quell'articolo li richiamavano. E per questo pensavano clir
meritamente avessero avuta contraria la fortuna, e si
recavano a coscienza la disgrazia di Pilo e tutte le altre
che erano loro incontrate. Da che però gli Ateniesi fatlo
vela con trenta navi aveano dato il guasto ad alcune terre
di Epidauro e di Prasia e ad altri luoghi, ed uscendo da
Pilo praticavano il ladroneccio; e da che, ogni qualvolta
sorgevano delle differenze sopra alcuni articoli controversi
nelle tregue, non avean voluto rimettersi nel giudizio a clie
i Lacedemoni li invitavano, allora questi stimando esser
al contrario ricaduta negli Ateniesi la trnsgressione onde-
prima erano essi rei, si inanimirono per la guerra. E in
quest'inverno richiedevano ferramenti a tutti gli alleati,
ed apparecchiavano gli altri strumenti per munire Decelia ,
ed insieme procacciavano da sé stessi soccorsi da mandai^
i in Sicilia sulle navi da carico , ed astringevano gli
altri Peloponnesi a fare altrettanto. Cosi finiva I' inverno
e l'anno diciottesimo di questa guerra descritta da Tucidide.
[19] Al cominciamento della seguente primavera i
Lacedemoni e gli alleati guidati da Agide di Archidamo,
re dei Lacedemoni, prestissimo invasero l'Attica. E primieramente
guastarono il territorio per la pianura ; dipoi spartendo
il lavoro città per città, presero a munire Decelia che
é distante da Atene circa centoventi stadii, e non molto più
che altrettanto dalla Beozia. Questa munizione visihile sino
dalla città d'Atene si costruiva nel piano, e nei luoghi più
acconci di quel paese per farvi guasto. I Peloponnesi adunque
e gli alleati che erano nell'Attica lavoravano alle fortificazioni ,
e gli altri rimasti nel Peloponneso spedivano circa
il medesimo tempo le soldatesche gravi in Sicilia sulle navi
da carico. Le quali, fatto vela daTenaro della Laconia, presero
l'alto con a bordo seceuto di grave armatura , pric
Iloti de' migliori scelti da' Lacedemoni. parte ascritti di
recente alla cittadinanza, sotto il comando di Eccrito spartano;
e con trecento Beozii pur ili grave armatura capitanati
da Xenone e Nicone tebani, e da Egesandro tespiese.
E dietro ad essi non molto dopo i Corintii ne mandarono
cinquecento di grave milizia parte propio di Corinto, parte
presi a soldo dagli Arcadi, sotto la condotta di Alessarco
corintio ; e insieme con essi dugento soldati gravi inviarono
i Sicionii, de'quali era duce Sargeo di Sicione. Le
venticinque navi poi dei Corintii armate già nell'inverno
stavano iu osservazione contro le venti ateniesi che erano
in JVaupatto ;fino a che non fossero partite dal Pelopon-
neso (ciò che loro premeva) te milizie gravi sulle navi da
carico ; ed appunto a quest'oggetto le avevano da prima
equipaggiate, affinché gli Ateniesi non tanto avessero l'animo
alle navi da carico, quanto alle triremi.+
[20] In questo, mentre si fortificava Decelia, gli Ateniesi
subito al principio di primavera spedirono trenta navi
intorno al Peloponneso con Caricle di Apollodoro ammiraglio,
al quale commisero, che venuto ad Argo richiedesse ,
secondo i patti della confederazione, soldati gravi
per la flotta. Spedirono ancora, conforme aveano disposto,
Demostene in Sicilia con sessanta navi ateniesi e cinque
chic, e mille dugento soldati gravi ateniesi del ruolo,
e quanti isolani da ogni parte poterono adunare; e si procacciarono
dai confederati e dai sudditi tutto ciò che avessero
di' opportuno per la guerra. Aveano già ordinato a
Demostene che prima unitosi con Caricle circuisse ed infestasse
la Laconia : ed egli andato ad Egina aspettava che venisse
a raggiungerlo il rimanente dell'esercito che fosse rimasto
addietro , e che Caricle avesse preso seco gli Argivi.
[21] Ma in Sicilia, verso i medesimi tempi di questa
primavera, tornò Gilippo a Siracusa conducendo quel
maggiore esercito che poté accogliere da ciascuna delle
città da lui persuase; e convocati i Siracusani disse che
doveansi armare più navi che fosse possibile, e tentare
una battaglia per mare; dalla quale sperava dover seguitare
qualche gran fatto degno di tal cimento, da metter fine
a questa guerra. K moltissimo insiem con lui si adoprava
Ermocrate confortando i Siracusani perché non dubitassero
di assalire con le navi gli Ateniesi, dicendo non avere essi
ereditaria e sempiterna la perizia del mare, ma essere
gente di terraferma più dei Siracusani, e diventati marittimi
perché costretti dai Medi ; e contro ad uomini audaci
come gli Ateniesi comparire terribilissimi quelli che loro
si opponessero con eguale ardire; perciocché in quella
guisa che atterriscono talvolta gli altri non con la maggioranza
delle forze, ma con t'audacia nell'assaltarli, in quella
medesima sarebbero essi pure esposti a tal caso egualmente
che i nemici: saper lui bene, proseguiva , che i Siracusani
coll' inaspettato ardimento di opporsi alla ltotta degli Ateniesi
costernati di sì fatta novità, riporterebbero su loro
vantaggi più grandi de'danni che essi col loro sapere potrebbero
recare all imperizia siracusana ; però andassero,
li animava, a far prova delle forze marittime, e non sbigottissero.
Persuasi i Siracusani da Gilippo, da Ermocrate
e da qualcun altro, voltaronsi con tutto l'animo alla battaglia
per mare ed armarono le navi.
[22] E poiché la flotta fu in concio, Gilippo mosse
di notte tutte le genti da pié per assalire in persona le
fortificazioni di Plemmirio dalla parte di terra, mentre
data la posta alle triremi siracusane , venticinque di esse
mossero dal porto grande , e quarantacinque dal piccolo
ove avevano l'arsenale, e volteggiavano per accozzarsi con
quelle di dentro al porto grande, e per navigare insieme
s:«pra Plemmirio, affinché gli Ateniesi restassero da diparti
scompigliati. Ma questi dal canto loro misero prestamente
all'ordine sessanta navi, e con venticinque di esse
Combattevano contro le trentacinquc siracusane che erano
nel porto grande ; e con le altre andavano incontro a quelle
che uscite dall'arsenale volteggiavano. Commisero subito
i-i battaglia in sulla bocca del porto grande, e lungamente
entrambi resisterono , volendo gli uni penetrar dentro a
forza, gli altri impedirli.
[23] fu questo, essendo gli Ateniesi di Plemmirio catati
al tido coll'aniiuo rivolto alla battaglia navale , Gi-
lippo in .sul far detl'aurora giunge improvvisamente ad
assaltare i muri, espugna da primo il più grande, poi anche
i due minori ; ove le guardie che videro preso agevolmente
il più grande, non tennero il fermo. Tutti quelli
che dal primo muro espugnato si erano rifugiati ai navigli
e ad una barca da carico, a gran pena si riconducevano
nell'accampamento, avvegnaché i Siracusani colle navi nel
porto grande vincitori della battaglia, li facessero inseguire
da una trireme velocissima : se non che, quando se-
guiva la presa di due muri, poterono i fuggitivi più facilmente
tragittare, avendo allora i Siracusani la peggio.
Conciossiaché le loro navi che combattevano sulla bocca «
lel porto , cacciate a forza quelle degli Ateniesi, vi en-
i^arono senz'ordine veruno ; e così confondendosi tra loro
dettero la vittoria agli Ateniesi, che fugarono queste e le
altre dalle quali in principio erano stati vinti dentro il
porto. Ebbero i Siracusani undici triremi colate a fondo ,
e molte persone uccise, senza contar quelle che furono
prese vive in tre navi. Gli Ateniesi perderono tre navi : e
dopo aver rimorchiato i rottami delle triremi nemiche ed
eretto il trofeo nell' isoletta di faccia a Plemmirio, ritornarono
ai loro alloggiamenti.
[24] Tale fu pel Siracusani l'esito di questa battaglia
navale ; ma erano padroni dei muri di Plemmirio. e vi
ersero tre trofei. Demotirono uno di quei muri ultimamente
espugnati, racconciarono gli altri due e vi misero
presidio. Molti furono i morti e molti i prigioni nell'espugnare
quelle fortificazioni, e fu tutto preso il denaro chp
vi era in abbondanza. Imperciocché siccome gli Ateniesi
servivansi di esse per magazzino, così vi era gran quantità
di frumento e ricchezze appartenenti ai mercatanti, e motti-
cose dei trierarchi, essendovi state lasciate le vele per
quaranta triremi ed altri attrazzi, con più tre triremi tirate
a secco. La presa di Plemmirio afflisse allora principalmente
l'esercito ateniese, avvegnaché l'accesso alle navi
per introdurre i viveri non era più sicuro, perché i Siracusani
stando ivi sull'ancora lo impedivano , e le introduzioni
non seguivano omai senza battaglia ; ed anche nel
restante causò la costernazione e lo sbigottimento nel
campo.
[25] Dopo questi fatti i Siracusani spediscono dodici
triremi sotto il comando di Agatarco siracusano. Una di
esse andava nel Peloponneso conduceudo ambasciatori che
doveano dar conto como le cose loro piegavano a buoua
speranza, e sollecitare che con più calore si facesse la
guerra ad Atene. Le altre undici, sentito che per gli Ateniesi
erano in corso de' navigli carichi di roba, si indirizzarono
alla volta d'Italia; ed incontrati quei navigli ne rovinarono
la maggior parte, e quindi nella campagna di
Caulonia abbruciarono il legname da costruzione che era
in pronto per i nemici. Dipoi passarono ai Locrii ; e mentre
erano alla rada vi approdò una nave oneraria recando
dal Peloponneso i soldati gravi dei Tespiesi, che dai Siracusani
furono fatti salire sulle triremi, e marina marina
tornavano a casa. Gli Ateniesi che presso Megara stavano
in osservazione con venti navi , si impadroniscono d'una di
queste triremi nemiche e della gente che vi era sopra ;
ma non poteron prender le altre che scapparono a Sira-
cusa. Colà successe un leggero combattimento nel porto
per conto delle palizzate che i Siracusani aveano ficcate
nel mare dinanzi agli antichi arsenali, acciocché dentro
o quelle le navi loro avessero stazione, e gli Ateniesi, qualora
navigassero contro queste , non potessero assaltandole
danneggiarle. La cosa pertanto andò così. Gli Ateniesi accostarono
a quelle palizzate una grossissima nave fornita
di torri di legno e di castelli ; e di sulle chiatte allacciavano
i pali e con gli argani li tiravano e li troncavano, e
notando sott'acqua li segavano. I Siracusani dagli arsenali
scagliavano dardi, e quelli della nave facevano altrettanto ;
e finalmente gli Ateniesi tolsero la maggior parte dei pali.
Il più difficile era il levar quelli della palizzata coperta
dall' acqua , poiché aveano ficcato alcuni pali che non
sporgevano sopra il mare; e 1' inoltrarsi (non potendo vederli
innanzi ) portava pericolo di urtarvi eolla nave come
in uno scoglio : ma alcuni palombari presi a soldo entravano
sotto e segavano anche questi. Nonostante i Siracusani
ve li ficcarono di nuovo. E di più(come era da aspettarsi tra
due eserciti vicini e schierati di fronte) molti nuovi artifizi
inventavano gli uni contro gli altri, e facevano scaramucce
ed ogni maniera di tentativi. I Siracusani poi spedirono alle
città di Sicilia un'ambasceria di Corintii, Ambracioti e Lacedemoni
annunziando la presa di Plemmirio , e la battaglia
navale'; circa la quale dicessero che non tanto erano stati
vinti per forza de'nemici, quanto pel proprio disordine ; e
dichiarassero che quanto al rimanente aveano buone speranze :
e le pregassero a voler recar loro soccorso con navi
e genti da pié, attesoché vi si aspettasse un altro esercito
ateniese, l'arrivo del quale se si potesse prevenire con la
disfatta di quello che attualmente vi era , sarebbe finita la
guerra. Tale era lo stato delle soldatesche di Sicilia.
[26] Ma Demostene poiché ebbe accolto l'esercito col
quale doveva andare a soccorrer la Sicilia, salpò da Egina ,
e rivolto il corso verso il Peloponneso si riunì aCaricIe ed
alle trenta navi ateniesi. E presi su le navi pochi soldati
gravi degli Argivi, navigarono entrambi alla volta della
Laconia; e primieramente scorrazzarono parte del territorio
d'Epidauro Limera, quindi approdarono su le coste della
Laconia di faccia a Citera, dove é il tempio d'Apollo , saccheggiarono
alcuni luoghi di quelle terre, e presero a munire
un posto fatto a forma d'istmo , acciocché gli Iloti •
che disertassero da'Lacedemoni vi avessero un ridono; e a modo di ladroni uscendo da quello, come da Pito, • praticassero il ladroneccio. Demostene , gettate che vi furono le fondamenta , partl subito per Corfù, volendo al più presto possibile proseguire la sua gita in Sicilia , dopo aver presi seco anche gli alleati
di quei luoghi. E Caricle trattenutosi finché non ebbe condotto a fine le fortificazioni di quel luogo, vi lasciò un presidio, e poi auche egli ritornò a casa con le trenta navi, e con esso gli Argrvì.
[27]In questa medesima estate arrivarono ad Atene mille trecento palvesari dei Traci armati di coliella, della razzaDiaca, che doveano navigare con Demostene in Sicilia. Ma gli Ateniesi, poiché costoro arrivarono troppo tardl, pensarono di rimandarli indietro in Tracia donde erano v'enuti, parendo loro troppo dispendioso il ritenere questi che dovevano avere ogni giorno una dramma a testa , e il sostenere a un tempo la guerra di Decelia. La quale iminiin m principio da tutto l'esercito lacedemone in questa stessa estate , poiché fu col tempo occupata dai presidii spediti dalle diverse cittìi che successivamente entravano nel territorio degli Ateniesi, era cagione ad essi di molti danni ; e guastò principalmente le cose loro colla d
ilapidazione delle ricchezze e colla morte delle persone. Conciossiaché per I' innanzi brevi erano
le invasioni dei Lacedemoni, e non impedivano agli Ateniesi di godere dei frutti della campagna nel resto dell'anno; laddove allora gravi erano i danni che pativano, perché i nemici vi stavano fermi contlnuamente, e talvolta sopravvenivano in maggior numero di essi; talaltra la guarnigione ordinarùi stretta dalla necessità scorrazzava la campagna e commetteva ladronecci; e per di più vi era presente Agide re de'Lacedemoni che certo non
iacea la guerra alla leggera. Ond'é che erano rimasti privi
di tutta la campagna, e più di ventimila servi erano disertati ,
e di questi la, maggior parte manifattori, ed era perito
tutto il bestiame sì ni imi lo che da soma ; ed i cavalli giornalmente
esercitati dalla gente d'arme che facevano scorrerie
contro Decclia e stavano alla guardia del territorio,
parte conio divenuti zoppi perché oppressi da continua
fatica in quel suolo aspro, parte erano feriti.
[28] Inoltre il trasporto dei viveri che prima da Oropo
traversando Decelia, era per terra più sollecito , riusciva
assai dispendioso per mare dovendosi girar Sunio; e la
città era mancante affatto di tutte le cose che vengono di
fuori, e piuttosto chc citta era diventata una fortezza. Imperciocché
gli Ateniesi di giorno facevano a vicenda la guardia
su gli spaldi, e la notte ttuti, eccetto la cavalleria, erano
in fazione, chi ai corpi di guardia, chi sulle mura; onde
erano travagliati di state e di verno. Principalmente poi gli
opprimeva l'aver due guerre ad un tempo : ed eran venuti
a tal pertinacia che eh i l'avesse sentita raccontare senza vederla
in fatto, non l'avrehhe creduta. Ed invero che altro
potea dirsi se non pertinacia il non voler partire di Sicilia
mentre erano assediati dalle fortificazioni dei Peloponnesi,
P lo stringere per egual modo con altro assedio Siracusa,
ritta di per sé sola non inferiore ad Atene, e l'aver fatto
maravigliare i Greci delle loro forze e del loro ardire (in
quanto che al cominciamento della guerra alcuni credevano
che gli Ateniesi avrebbero potuto resistere un anno, qualora
lPeloponnesi invadessero il loro territorio, altri dicevano
due, altri tre al più, e nissuno un maggior tempo), a tal
segno che diciassett'anni dopo la prima invasione andarono
i" Sicilia logorati omai in tutto dalla
guerra ; e per giunta un altra ne impresero non minore di quella che gia
avevano col Pelopouneso ? E per ciò, e pei gravi disastri
che soffrivano da Decclia, e per le altre grandi spese che
occorrevano, trovaronsi scarsi di denaro; ed in questo
tempo , in luogo del tributo, tassarono i loro sudditi della
vigesima parte delle merci che venissero per mare, sperando
che cosi accrescerebbero l'entrate del comune. Imperciocché
le spese non eran più le stesse di prima, ma
eran diventate assai maggiori, perché maggiore era la
guerra; e l'entrate venivano mancando.
[29] Gli Ateniesi adunque non volendo fare spese in
quella penuria di denaro, rimandarono subitamente iTrsa
giunti troppo tardi per Demostene, e ordinarono a Dii-
trefe di ricondurli, al quale dissero che siccome doveano
attraversare l'Euripo, cosi nel trascorrer le coste de'nemici
vi facesse fare il maggior guasto possibile. E Diitrefe
fece loro pigliar terra a Tanagra ove prestamente accolse
del bottino, e sulla sera da Calcide dell'Eubea tragittò
l'Euripo, sbarcò i Traci nella Beozia, e li condusse contro
Micalesso , e pernottò inosservato presso il tempio di
Mercurio distante da Micalesso circa sedici stadii. Spuntava
appena il giorno quando venuto sopra la città che era
grande la espugna, perocché i cittadini non erano preparati
a quell'assalto, e non si aspettavano che veruno a tanta
distanza dal mare volesse venire ad attaccarli ; e le mura
eran deboli ed in qualche punto rovinate, e basse in qualche
altro ; e le porte stavano aperte perché di nulla si
temeva. I Traci adunque precipitatisi in Micalesso, saccheggiavano
le case ed i templi , facevano strage delle
persone, non risparmiando né la più vecchia né la più giovine
età , e chiunque di mano in mano incontravano tutti
uccidevano , fanciulli e donne, e persino i giumenti ed
ogni altro animale che scorgessero ; conciossiaché la razza
de' Traci (come sogliono fare tutte le genti più barbare)
quando -ha preso ardire é micidialissima. Laonde fuvvi al
!'«
ra ogni sorta di grave scompiglio, ed ogni maniera di
morte ; perché gettatisi deutro una scuola che ivi era vastissima ,
e dove erano entrati di poco i fanciulli, tutti ti
fecero in pezzi ; talché l'intera città fu assalita da imprevista
e terribile sciagura non minore di qualunqu'altrn.
[30] Come i Tebani sentirono la cosa accorsero in
aiuto, e trovati i Traci non molto dilungati dalla città , ritolsero
ad essi il bottino, e spaventatili gl' inseguirono
Gno .-nl Muri)») ed al mare ove stavano le navi che li aveano
condotti, ed uccisero moltissimi tra loro non avvezzi al
nuoto mentre volevano risalirvi sopra , avvegnaché quelli
rimasti sui navigli, quando videro quel che accadeva in terra ,
si erano allargati oltre il tiro dell'arco. Del rimanente,
nella ritirata da Micalesso sino al mare i Traci scorrendo
innanzi rannodati si difesero bravamente dalla cavalleria
tebana serbando la loro usata ordinanza , e pochi allora ne
furono uccisi, se si eccettuino quelli che perirono propio in
città sorpresi per la cupidigia del saccheggio. Morirono
in tutti dugento cinquanta Traci di mille trecento che erano ;
dei Tebani e degli altri accorsi in aiuto ne mancarono
venti tra cavalieri e soldati gravi, e con essi Scirfonda
tebano beotarco ; e restò pure uccisa una parte dei Mi-
calessii. Tale fu la calamità di Micalesso, certamente non
meno deplorabile di verun'altra nel corso di questa guerra ,
se si voglia riguardare alla grandezza di quella città.
[31] In quel tempo Demostene, dopo la costruzione
del forte della Laconia partendo per Corfù, incontra a Fia
degli Elei una nave da carico che stava all'ancora, con
a bordo i soldati gravi de'Corintii che aveano a tragittare in
Sicilia, e la fracassa : ma le persone scamparono, e trovata
poi un'altra nave proseguirono il corso. Quindi arrivato
egli a Zacinto ed a Cefallenia prese seco i soldati di grave
armatura, fece venire daNaupatto alcuni Messemi, e passato
in terraferma di faccia all'Acarnania venne ad Alizia e ad
Auactorio occupato dagli Ateniesi. E mentre era in quesii
luoghi gli viene incontro Eurimedonte di ritorno dalla Sicilia ,
ove nell' inverno era stato mandato a portar denari
all'esercito , come dicemmo, e gli dà conto tra l'alire
della presa di Plemmirio eseguita dai Siracusani, e da lui
intesa durante la sua navigazione. Giunge poi da loro Co-
none comandante a Naupatto, annunziando come le venticinque
navi dei Corintii che contr'essi stavano alle vedette,
non solo non desistevano dalla guerra , ma erano anzi
in procinto di venire a battaglia , e però li pregava a
spedirvi altre navi, stante che le loro diciotto non erano
succienti a combattere le venticinque corintie. Il perché
Demostene ed Eurimedonte spediscono con Conone
dicci navi delle più veloci che seco avevano , le quali do-
veano aggiungersi a quelle di Naupatto ;.e davano ordine
a fare l'accolta delle genti. E per questo Eurimrdonie (
che voltato indietro il cammino esercitavi) ornai con Demo-
Siene il comando al quale era siato eletio) navigò a Cloriii,
ordinando ai Corfuoiti di armare quindici navi ed arruolare
soldati gravi ; e Demostene adunava frombolieri e
saettatori dai dintorni dell'Acarnania.
[32] Ma poiché i legati de' Siracusani andati dopo la
presa di Plemmirio alle diverse città, le ebbero persuase;
e poiché già erano sul punto di condur via l' esercito radunatovi,
Nicia che ciò avea presentito spedisce ai Siculi
padroni dei passi ed agli alleati Centoripii ed Alicicei e
agli altri, acciò non lasciassero traversare i nemici, mi
riunitisi insieme contrastassero loro il passaggio , che per
altra via nemmeno lo tenterebbero , da che gli Agrigentini
nvean ad essi disdetto di trapassare pel loro territorio, i £
Ià i Siciliani erano in cammino, quando i Siculi che *
petizione degli Ateniesi aveano teso loro una triplice imboscata,
assaltarono all' improvviso gl'incauti, ne uccisero
da ottocento e tutti i legati, salvo quello di Corinto,
che condusse a Siracusa quei che la scamparono, i quali
furono intorno di milte cinquecento.
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